SISTEMA DELLE RISORSE IDRICHE: QUALITÀ E DEPURAZIONE

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4 Sistemi di organizzazione dello spazio Sistema delle risorse idriche: qualità e depurazione SISTEMA DELLE RISORSE IDRICHE: QUALITÀ E DEPURAZIONE Introduzione Nell affrontare i problemi legati alla qualità della risorsa è naturale considerare sino a che punto la depurazione possa essere incisiva sulla qualità di un corpo idrico. Le differenti dinamiche che coinvolgono la risorsa idrica fanno si che i fenomeni autodepurativi agiscano in maniera più o meno lenta, permettendo carichi inquinanti differenti. E prioritaria la conoscenza delle potenzialità autodepurative del corpo idrico, per poter adeguare i carichi versati alla capacità di smaltimento prevenendo così possibili effetti inquinanti. La qualità delle acque non si può preservare da sola, ma sicuramente è necessaria una corretta conoscenza e gestione del corpo idrico attuabile non solo con indagini analitiche che utilizzano metodi convenzionali e bioindicatori specifici, ma anche mediante l utilizzo di appropriati modelli di simulazione che permettano di studiare il grado di incidenza delle singole fonti sia diffuse che puntuali. Questo al fine di poter indicare l uso più adeguato in funzione delle caratteristiche dell acqua esaminata considerando la necessità prioritaria dell acqua per uso potabile, ma non sottovalutando altri usi quali quello agricolo e industriale che hanno ripercussioni sulla economia del territorio. Si arriva pertanto a valutare la possibilità di riutilizzare risorse idriche rappresentate dagli effluenti degli impianti di trattamento dei reflui e che solitamente vengono riversate in corsi d acqua, in lagune e in mare con potenziali problemi ambientali connessi allo sviluppo di fenomeni eutrofici. Importanza del decreto legislativo dell 11 maggio 1999 n 152 Il D.Lgs 152/99 Disposizioni sulla tutela delle acque dall inquinamento e recepimento della direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole e disposizioni varie si presenta come normativa quadro di settore relativamente al campo degli scarichi e degli inquinamenti idrici.con le seguenti finalità nei confronti della tutela delle acque marine, superficiali e sotterranee. Tale tutela si realizza attraverso il perseguimento dei seguenti obiettivi (articolo 1, comma 1): 1. pervenire e ridurre l inquinamento e attuare il risanamento dei corpi idrici inquinati, 2. conseguire il miglioramento dello stato delle acque ed adeguate protezioni di quelle destinate a particolari usi, 3. perseguire usi sostenibili e durevoli delle risorse idriche con priorità per quelle potabili, 4. mantenere la capacità naturale di autodepurazione dei corpi idrici, nonché la capacità di sostenere comunità animali e vegetali ampie e ben diversificate. Sistema delle risorse idriche: qualità e depurazione 1

5 L articolo 1, al comma 2, individua gli strumenti attraverso i quali è possibile raggiungere i sopra indicati obiettivi: individuazione degli obiettivi di qualità ambientale e per specifica destinazione d uso; tutela integrata degli aspetti qualitativi e quantitativi nell ambito di ciascun bacino idrografico; individuazione di un adeguato sistema di controlli e sanzioni; rispetto dei valori limite degli scarichi stabiliti dallo Stato; definizione dei valori limite in relazione agli obiettivi di qualità del corpo recettore; adeguamento del sistema di fognatura, collettamento e depurazione degli scarichi, idrici, nell ambito del sistema integrato di cui alla legge Galli (L. 36/94); individuazione di misure per: pervenire e ridurre l inquinamento nelle zone vulnerabili e nelle aree sensibili; conservare, risparmiare, riutilizzare e riciclare le risorse idriche. Il D.Lgs 152/1999 implementa e introduce un doppio sistema di obiettivi di qualità: 1. quello riguardante particolari funzioni o destinazioni d uso, a cui sono destinati specifici corpi idrici (articoli 6-17); 2. quello ambientale relativo a tutti i corpi idrici ritenuti più significativi. I dati relativi al catasto degli scarichi (già attribuito con L. 319/76 ora integralmente abrogata) potevano essere già disponibili e utili a pianificare interventi di risanamento e a individuare facilmente le cause puntuali di particolari eventi negativi sulla qualità del corpo idrico. Il ruolo della Provincia, associato a quello dei Comuni, continua ad essere la base per una prima conoscenza territoriale anche perché mentre la L. 319/76 aveva come prima e principale finalità quella di disciplinare gli scarichi (articolo 1) per limitare il loro effetto negativo sui corpi idrici, il D. Lgs 152/1999 sposta l attenzione dal controllo degli scarichi alla qualità che deve essere garantita ai corpi idrici. L approccio combinato (limiti agli scarichi obiettivo qualità) si evolverà sulla base delle indicazioni della Regione (art.28 comma 2) per ogni corpo idrico al fine del raggiungimento degli obiettivi di qualità entro dei ben definiti limiti temporali. Le misure per assicurare o mantenere gli obiettivi di qualità si articoleranno in: 1. indicazioni e norme di carattere pianificatorio sull utilizzo del suolo in relazione all edilizia, all industria e all agricoltura; 2. programmazione di interventi e opere per la raccolta e la depurazione delle acque reflue, 3. definizione di nuovi limiti allo scarico delle acque reflue; 4. revisione delle autorizzazioni allo scarico delle concessioni alla derivazione delle risorse idriche; Sistema delle risorse idriche: qualità e depurazione 2

6 5. indicazioni e norme sull uso delle risorse idriche atte a favorire il risparmio e l utilizzo corretto e razionale delle stesse. L allegato 3 al Decreto consiglia l istituzione presso ogni Regione di un proprio Centro di Documentazione che curi l accatastamento dei dati e la relativa elaborazione, gestione e diffusione. La Legge Regionale del 19 luglio 2000 n 14 Nell art. 1 è istituito presso l Assessorato della Difesa dell Ambiente il Centro di documentazione per la raccolta di dati sulle caratteristiche dei bacini idrografici e la loro relativa elaborazione, gestione e diffusione. Il piano di tutela delle acque, di cui all art.44 del D. Lgs 152/99, è redatto dall assessorato sopraccitato con la partecipazione delle province e dell autorità d ambito per il servizio idrico integrato.(art. 2 comma 1). Infine va sottolineato l art. 3 che attribuisce ai comuni la competenza al rilascio delle autorizzazioni allo scarico fuori dalle pubbliche fognature delle acque reflue domestiche, provenienti da insediamenti isolati inferiori o uguali a 100 abitanti equivalenti Il decreto legislativo del 18 agosto 2000 n. 258 Le modifiche apportate al D. Lgs 152/99 non variano gli obiettivi e gli strumenti per il raggiungimento degli obiettivi di qualità. Le variazioni danno indicazioni più chiare e precise riguardo: 1. l individuazione e il perseguimento degli obiettivi di qualità ambientale (art.5); 2. l individuazione delle aree sensibili (art. 18); 3. la disciplina delle aree di salvaguardia delle acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano (art. 21) 4. la pianificazione del bilancio idrico (art. 22). Restano invariati, ma sostanzialmente fondamentali i due articoli seguenti: Art. 25 Risparmio idrico Le regioni prevedono norme e misure volte a favorire la riduzione dei consumi e l eliminazione degli sprechi ed in particolare a: a) migliorare la manutenzione delle reti di adduzione di acque a qualsiasi uso destinate al fine di ridurre le perdite; b) realizzare, in particolare nei nuovi insediamenti abitativi, commerciali e produttivi di rilevanti dimensioni, reti duali di adduzione al fine dell utilizzo di acque meno pregiate per usi compatibili c) promuovere l informazione e la diffusione di metodi e tecniche di risparmio idrico domestico e nei settori industriale, terziario e agricolo, d) istallare contatori per il consumo dell acqua in ogni singola unità abitativa nonché contattori differenziati per le attività produttive e del settore terziario esercitate ne contesto urbano; e) realizzare nei nuovi insediamenti sistemi di collettamento differenziati per le acque piovane e per le acque reflue Art. 26 Riutilizzo dell acqua Le regioni adottano norme e misure volte a favorire il riciclo dell acqua e il riutilizzo delle acque reflue depurate mediante le quali sono in particolare: Sistema delle risorse idriche: qualità e depurazione 3

7 a) indicate le migliori tecniche disponibili per la progettazione e l esecuzione delle infrastrutture nel rispetto delle norme tecniche emanate ai sensi del comma 1; b) indicate le modalità del coordinamento interregionale anche al fine di servire vasti bacini di utenza ove vi siano grandi impianti di depurazione di acque reflue; c) previsti incentivi e agevolazioni alle imprese che adottano impianti di riciclo e di riutilizzo. Le novità del Decreto Legislativo del 3 aprile 2006 n. 152 Il Decreto Legislativo 152/2006 già noto come testo unico ambientale nella parte terza prevede tra l altro anche la ristruttura completa della normativa in materia di tutela delle acque dall inquinamento. Gli obiettivi minimi di qualità ambientale per i corpi idrici significativi definiti in funzione della capacità dei corpi idrici di mantenere i processi naturali di autodepurazione e di supportare comunità animali e vegetali ampie e ben diversificate e gli obiettivi di qualità per specifica destinazione che individuano lo stato dei corpi idrici idoneo a una particolare utilizzazione da parte dell uomo, alla vita dei pesci e dei molluschi, già previsti nel D. Lgs 152/99, vengono ripresi nell art. 76 del nuovo decreto al fine della tutela e del risanamento delle acque superficiali e sotterranee precisando nell art. 121 che il conseguimento di tali obiettivi deve avvenire adottando le misure necessarie alla tutela quantitativa e qualitativa del sistema idrico attraverso le azioni individuate nel Piano di Tutela delle acque. Interessante è sottolineare la nuova definizione di scarico (art. 76) - qualsiasi immissione di acque reflue in acque superficiali, sul suolo, nel sottosuolo e in rete fognaria, indipendentemente dalla loro natura inquinante, anche sottoposte a preventivo trattamento di depurazione. che si discosta in maniera significativa da quella dell art.2 del D.Lgs 152/99 che prevedeva anche l immissione diretta di acque reflue tramite condotta. In tal senso il concetto di scarico è esteso a qualsiasi immissione e precisa chiaramente la differenza tra scarico e rifiuto subordinando il significato dei due termini alla natura dell attività che lo produce. L autorizzazione agli scarichi nell art.124 consente l opportunità di effettuare scarichi a più stabilimenti senza costituirsi in consorzio lasciando le competenze per le autorizzazioni ai comuni e alle province secondo le modalità precedentemente stabilite ad eccezione di quelle che colluttano in pubblica fognatura la cui competenza passa all autorità d ambito. La situazione della Provincia di Cagliari Le misure già indicate dal D. Lgs 152/99 e successive modificazioni ed integrazioni, poi riprese e ampliate nel testo unico ambientale trovano una adeguata corrispondenza con le problematiche emerse nell ambito della Provincia di Cagliari che sinteticamente affrontano la necessità di un corretto uso della risorsa recependo appieno la limitatezza della risorsa idrica. Infatti da un lato denunciano le perdite e l inadeguatezza della rete idrica e fognaria con perdite allarmanti, dall altro la necessità del riutilizzo delle acque usate a fini meno pregiati, ma comunque indispensabili per l economia locale Sistema delle risorse idriche: qualità e depurazione 4

8 quali quella agricola (impianti consortili che coinvolgono diversi paesi attivando un duplice effetto di rendere disponibili quantitativi d acqua per l uso irriguo e limitare la possibile alterazione della qualità della risorsa fluviale). E necessario l adeguamento dell infrastrutturazione poiché i fenomeni quali la corrosione (responsabile di scadimento della qualità) rientrano nel quadro generale delle problematiche relative alla distribuzione delle acque. La tutela delle acque come scelta prioritaria è essenziale per poter erogare acqua di buona qualità attraverso una corretta gestione della risorsa. E importante considerare il fatto che devono essere tutelate anche le utenze irrigue ed industriali oltre a quelle potabili, pertanto le scelte gestionali con ovvia priorità delle risorsa per uso potabile (vedi L. 36/94 nota come Legge Galli) sono determinanti per ogni ulteriore sviluppo. Non meno importante è la tutela della risorsa idrica sotterranea soprattutto se si considera che un numero considerevole di centri abitati e di attività produttive utilizza, esclusivamente o come dotazione di emergenza, le acque sotterranee. La necessità di individuare nuove fonti di risorsa implica una conoscenza delle disponibilità idriche e dello stato di vulnerabilità degli acquiferi. La continuità degli studi e la ripetitività delle osservazioni può razionalizzare l utilizzo in modo da scongiurare un impoverimento della risorsa. La tutela delle risorse idriche sotterranee è realizzabile mediante attività di previsione del rischio di inquinamento, di prevenzione e mitigazione dei suoi effetti. La realizzazione di un controllo continuativo e adeguato sia delle autorizzazioni alla apertura di nuovi pozzi, sia dell uso al quale la risorsa è destinata e della qualità intesa in termini di concentrazione salina e da inquinamento da metalli, è indispensabile. Se consideriamo il fatto che le acque sotterranee rappresentano per questo territorio una risorsa strategica, manca una effettiva gestione della risorsa poiché non è stato ancora attuato un monitoraggio delle falde. La tutela della qualità delle acque sotterranee rappresenta un elemento sostanziale per garantire una riserva duratura nel tempo tutelata sia da un punto di vista qualitativo che quantitativo. Il mantenimento di una riserva di acqua sotterranea permette di evitare un sovrasfruttamento delle risorse idriche superficiali e, soprattutto, consente di affrontare situazioni critiche, tenendo conto dell elevata vulnerabilità delle risorse superficiali nei periodi siccitosi. Anche le zone costiere residenziali e turistiche necessitano di adeguate indicazioni relativamente all apertura di nuovi pozzi, che tra l altro in qualche caso risultano l unica risorsa disponibile. Le soluzioni possibili, come espressamente indicato dalla L. 36/94 non dipendono necessariamente dalla realizzazione di nuove opere ma anche da una corretta gestione e utilizzo della risorsa, evitando gli sprechi dovuti ad inefficienze strutturali ed ad un suo cattivo uso (art. 5). La presenza di invasi in condizioni tendenzialmente eutrofiche individua la necessità di opere di risanamento a monte di questi rappresentabili in - impianti di trattamento adeguati alle normative vigenti; - corretta opera di vigilanza ambientale attraverso monitoraggi e controlli. Linee guida Nella individuazione di possibili linee guida emerge come elemento prioritario la necessità di coordinamento della informazione. Sistema delle risorse idriche: qualità e depurazione 5

9 La risorsa idrica non deve essere vista solo nel suo stato ecologico, chimico e ambientale, ma anche nella complessità delle problematiche urbanistiche ed economiche pertanto, la Provincia favorisce la diffusione dei dati ai Comuni sui possibili interventi nel territorio che hanno delle ripercussioni sull uso della risorsa idrica. I corpi idrici significativi vanno monitorati e classificati al fine del raggiungimento degli obiettivi di qualità ambientale. La Provincia predispone una rete di monitoraggio fissa per i corpi idrici significativi, evidenzia corpi idrici minori anche sulla base del censimento degli scarichi che necessitano di particolare protezione, organizza ed effettua opportune campagne di monitoraggi con frequenze idonee alla stagionalità dei fenomeni e rende disponibili agli Enti Locali le conoscenze di dettaglio. Le determinazioni del biota riguardano 2 gruppi di analisi: analisi di base (I.B.E.) e analisi supplementari La Provincia, nell allestimento dei laboratori, cura con maggiore dettaglio, le analisi che utilizzano organismi acquatici quali indicatori. La Provincia intende collaborare con il Centro di Documentazione (L.R. n.14 del 19 luglio 2000) anche per la divulgazione delle informazioni ai Comuni. La Provincia è disponibile a programmare un adeguato censimento dei pozzi e delle sorgenti e a realizzare un idoneo sistema informativo in accordo con le necessità degli Enti Locali. La Provincia promuove studi che vertano a un arricchimento della conoscenza sulla risorsa al fine di ottimizzarne gli usi attraverso la limitazione degli sprechi e un riutilizzo della risorsa stessa. La Provincia predispone programmi di controllo per garantire: adeguata archiviazione, integrazione, elaborazione e presentazione dei dati geograficamente referenziati, scambio di informazioni coi Comuni relativamente alle problematiche sugli scarichi, un omogeneo sistema di raccolta dei dati e aggiornamento per una periodica trasmissione degli stessi ai Comuni interessati. Sistema delle risorse idriche: qualità e depurazione 6

10 Sistemi di organizzazione dello spazio Sistema approvvigionamento idrico potabile SISTEMA APPROVVIGIONAMENTO IDRICO POTABILE Cresce forse il papiro fuori della palude E si sviluppa forse il giunco senz acqua? GIOBBE 8, 11 Introduzione Se Dio piove, quest involontario anacoluto fu pronunciato da un amministratore durante uno degli incontri organizzati dall Ufficio del Piano, al culmine di un accesa discussione sui disagi provocati dalla siccità. Quelle parole esprimevano la rassegnazione di popolazioni che devono misurarsi allo stesso tempo con forze naturali avverse e con una drammatica carenza infrastrutturale. Da almeno vent anni con l arrivo dell estate riemerge il problema della emergenza idrica, termine che contiene in se il paradosso di considerare come circostanza imprevista un evento che si ripete con sorprendente puntualità. La siccità e i suoi effetti hanno invece radici profonde. Fino alla fine dell ottocento era consuetudine nel Meridione d Italia (e per quanto è dato di sapere anche in Sardegna) affrontare i periodi siccitosi rivolgendosi alle autorità ecclesiastiche. La risposta poteva consistere, secondo la gravità, in una semplice preghiera da parte del parroco della comunità, in una messa espressamente dedicata o, se il caso lo richiedeva, in una processione con esposizione della statua del santo patrono alla quale poteva partecipare anche l autorità vescovile. Gli archivi parrocchiali conservano queste cronache e il materiale che se ne può ricavare risulta prezioso per gli studiosi del clima. L acqua dal Flumendosa e i piani di settore Alle popolazioni della Provincia di Cagliari una risposta più pragmatica al problema fu data solo alla fine degli anni 40 con la creazione del sistema idrico del Flumendosa - Campidano. Proprio negli anni 40 l Isola aveva dovuto subire alcuni gravi episodi siccitosi che avevano afflitto popolazioni già tormentate dalla guerra. La totale gestione del sistema fu affidata all Ente Autonomo del Flumendosa (allora Ente Statale) con l incarico di provvedere alla costruzione delle opere per l utilizzazione delle acque del Flumendosa ad uso irriguo, potabile e idroelettrico. Con l enfasi tipica degli anni della ricostruzione l allora presidente dell EAF Palmas scriveva: ACQUA ACQUA ACQUA elemento fondamentale della rinascita sarda. Sistema approvvigionamento idrico potabile 1

11 Acqua per l irrigazione, acqua per usi potabili, acqua per produzione di energia elettrica. Nel 1946 fu costituito l EAF per risolvere questa triplice finalità mediante la realizzazione di tre grandiosi invasi per immagazzinare 600 milioni di metri cubi delle acque del Flumendosa e dei suoi affluenti, il Mulargia e il Flumineddu. ( ) Alcune cifre daranno meglio un idea di quello che è costato e che rappresenta il complesso del Flumendosa: 15 cantieri ( ) che hanno impiegato operai al giorno per diversi anni per un totale di giornate lavorative. Questa grandiosa opera è purtroppo segnata dal sacrificio di 31 lavoratori ( ) autentici eroi del dovere che hanno bagnato con il loro sangue la dura via del progresso per un domani migliore. Su quei 600 milioni di metri cubi si giocarono davvero le possibilità di sviluppo della Sardegna meridionale (la zona più penalizzata in termini di precipitazioni medie) e bisogna rendere merito ai progettisti e ai pianificatori di allora poiché ancor oggi il sistema Flumendosa Campidano rappresenta il fulcro dell intero sistema idrico provinciale. Negli anni 70 la Regione affrontò il problema della pianificazione delle risorse idriche. Il complesso di studi, ricerche, indagini ed elaborazioni portò alla redazione dello Studio della Pianificazione delle Risorse Idriche in Sardegna ed altri interventi nel Settore delle Acque, il cosiddetto Piano Acque. Il Piano Acque fu sottoposto all attenzione pubblica il 10 marzo 1988 unitamente ad un assetto infrastrutturale di lungo periodo, da sottoporre ad ulteriori approfondimenti, con la denominazione di prima Ipotesi di Piano. Tale documento ha avuto la funzione di quadro di riferimento generale per gli interventi nel settore delle acque. Il Piano, fra l altro, stimò per il lungo periodo (circa 50 anni) i fabbisogni complessivi regionali per i tre settori d utenza: irrigua, potabile ed industriale indicando la necessità di realizzare nuove importanti infrastrutture. Al di là del giudizio complessivo sul piano e sul suo attuale grado di attuazione fin dai primi anni 90 emerse in maniera chiarissima che le valutazioni di carattere idrologico fatte dal Piano (basate su osservazioni estese fino alla prima metà degli anni 70) erano viziate dal consistente mutamento dei regimi climatici che comportava la rilevante riduzione dei volumi d acqua invasabili, come dimostrano in maniera palese le vicende legate alla nuova diga sul Tirso a Cantoniera. A seguito di ciò una nuova edizione dello Studio dell Idrologia Superficiale della Sardegna (SISS) estese le serie storiche idrologiche ai primi anni 90 e confermò tale riduzione su scala regionale in maniera incontrovertibile. Il clima Gli effetti della siccità sono davanti agli occhi di tutti; molto meno si sa sulle cause che la determinano. Non è chiaro infatti se la riduzione delle precipitazioni sia ascrivibile all effetto serra e al conseguente riscaldamento globale. L effetto serra è un fenomeno naturale al quale dobbiamo la mitezza del clima (senza i gas serra la Terra in media sarebbe più fredda di circa 35 o C). Le preoccupazioni riguardanti il riscaldamento globale sono dovute all aumento delle concentrazioni dei gas serra nell atmosfera in seguito alle attività umane quali l utilizzo di combustibili fossili (che liberano CO2 e altri gas) e alle prassi agricole. L aumento della temperatura, dovuto alla proprietà dei gas di assorbire la radiazione solare, comporta un aumento dell evaporazione dei mari e degli Sistema approvvigionamento idrico potabile 2

12 oceani e conseguentemente l aumento dell umidità dell aria. Poiché il vapore acqueo è il più importante fra i gas serra (anche se normalmete non viene considerato tale) potrebbe innescarsi un cosiddetto feedback positivo con un aumento degli effetti del riscaldamento alimentati da sempre maggiori quantità di vapor d acqua. Sembra ormai universalmente accettato che la temperatura al livello del suolo aumenti con un incremento di 0,1 0,2 o C ogni decade. Recentissime misure effettuate da satellite rileverebbero però che la temperatura media della troposfera non abbia subito nessuna variazione. Resta da chiarire come il riscaldamento globale influenzi direttamente o indirettamente il nostro clima e in particolar modo le precipitazioni. Per molti autori la diminuzione delle precipitazioni è direttamente correlata alla persistenza di campi di alta pressione localizzati sul Mediterraneo. L oscillazione del Nord Atlantico (NAO) è l indice climatologico che viene utilizzato per monitorare queste anomalie. L indice è la differenza normalizzata dei valori di pressione al livello del mare (SLP) misurati in due stazioni di riferimento ubicate a Ponta Delgada, Azzorre e a Stykkisholmur/Reykjavik, Islanda. Gli ultimi episodi siccitosi hanno coinciso con brusche variazioni dell indice NAO che sembra indicare una strana e preoccupante deriva o come si dice comunemente sembra evidenziare l esistenza di un trend climatico. Recentemente si è messa in evidenza l esistenza di un collegamento tra l indice NAO e gli eventi che periodicamente sconvolgono il clima del sud Pacifico. L analisi della correlazione tra NAO e El Niño mostra l esistenza di comuni ciclicità, alcune delle quali coincidono con quelle che caratterizzano le frequenze di ripetizione dei periodi siccitosi nel Mediterraneo (circa ogni 4-5 anni). Il fatto che il nostro clima possa essere agganciato al sistema di circolazione generale dell atmosfera e al sistema delle correnti oceaniche non è evidentemente una novità, ma averne una dimostrazione così diretta dovrebbe convincere, se ce ne fosse bisogno, ad affrontare il problema del rispetto ambientale anche su tavoli internazionali. Gli effetti della crisi e i provvedimenti Per capire in senso quantitativo gli effetti del mutamento del clima, la tabella che segue riporta la disponibilità media annua del sistema in milioni di metri cubi a fronte di una potenzialità di invaso che come poteva affermare negli anni 50 il presidente Palmas supera i 600 milioni di metri cubi. I valori medi sono riferiti all ultimo decennio. Volumi erogati per anno Uso potabile: 80 Mm 3 Uso industriale: 15 Mm 3 Uso irriguo: 130 Mm 3 Totale: 225 Mm 3 Sistema approvvigionamento idrico potabile 3

13 Rispetto alla media di lungo periodo (calcolata a partire dal 1922) si ha che negli 15 anni i deflussi si sono ridotti di circa il 50%. Una conferma della grave siccità in atto è fornita dal fatto che nell ultimo ventennio la media degli stessi deflussi è pari a circa il 60% di quella di riferimento per il Piano Acque ( ). A partire dal 1995 è stato varato un programma di interventi volti a fronteggiare la situazione di grave emergenza idrica. È apparso indispensabile procedere alle valutazioni delle risorse effettivamente disponibili e di quali nuove opere fosse necessario mettere in cantiere tenendo conto delle attuali condizioni climatiche, considerando quindi la reale possibilità che eventuali nuovi serbatoi contribuiscano in maniera significativa a compensare il deficit. A parte l ottimizzazione del trasporto dell acqua stessa e gli invasi già in costruzione quali quello di Monte Nieddu, le opere che più potranno dare un contributo a sanare (in parte) l attuale carenza sono la nuova diga sul basso Flumendosa (a Monte Perdosu), il sistema di riutilizzo dei reflui del comprensorio di Cagliari e auspicabilmente l utilizzo dell acqua dell Alto Flumendosa. La diga dell alto Flumendosa è gestita prioritariamente dall ENEL per la produzione idroelettrica e benché minima parte della risorsa invasata sia destinata all uso civile, la maggior parte viene turbinata e quindi riversata a mare. Considerando che l energia prodotta incide modestamente sul budget energetico isolano, una utilizzazione diversa dell acqua dell alto Flumendosa potrebbe alleviare considerevolmente il deficit della Sardegna Meridionale (si può teorizzare un recupero di risorsa di non meno di 25 Mm 3 ) a un costo economicamente accettabile. Per quanto riguarda l uso civile, nonostante l attuale indice di crescita della popolazione sia pari sostanzialmente a zero, il fabbisogno per uso civile è oggi sempre più elevato anche a causa della necessità di fornire integrazioni sempre maggiori agli altri sistemi acquedottistici provinciali. Tali sistemi (per lo più gesti dall ESAF o dai comuni stessi) basano il loro approvvigionamento su risorse locali (pozzi, sorgenti, piccoli e medi invasi) e risentono ovviamente anche loro degli effetti della siccità amplificati dalla caducità delle loro risorse come dalla vetustà dei sistemi di trasporto idrico. In molti casi invasi inizialmente realizzati per l agricoltura vengono oggi sempre più utilizzati per garantire acqua potabile alle popolazioni. A causa del deficit non è previsto inoltre nessun nuovo intervento di infrastrutturazione agraria che gravi sul sistema idrico Flumendosa Campidano mentre le aree già infrastrutturate lamentano comunque danni per centinaia di miliardi l anno dovuti alle restrizioni. Com è noto la siccità pone annualmente il problema di garantire il servizio per l uso civile (uso prioritario) a discapito della disponibilità di risorsa per l uso agricolo. Nonostante l anno idrologico appaia tra i più favorevoli, rispetto agli ultimi anni, da un punto delle precipitazioni anche analizzando la situazione attraverso un filtro ottimistico si può presumere che le scorte permetteranno appena di far fronte alle esigenze dell idropotabile mentre per l uso agricolo dovrà persistere una severa politica di restrizioni. Nell attesa che l acqua, nel settore agricolo, sia utilizzata in maniera ottimale attraverso rigorose politiche tariffarie, supervisione e controllo delle tecniche irrigue e scelta delle tipologie di colture sulla base di una programmazione pluriennale, non sembra che la situazione per tale comparto sia destinata a Sistema approvvigionamento idrico potabile 4

14 migliorare, se non in misura molto modesta, poiché l uso potabile dovrà sempre e comunque privilegiato. Il Servizio idrico integrato: i principi generali La legge 5 gennaio 1994, n.36 (legge Galli): "Disposizioni in materia di risorse idriche" poggia sul concetto di equilibrio idrico, che è l equilibrio fra disponibilità di risorse e fabbisogno dei diversi usi: in questo quadro vengono considerati all interno di una stessa disposizione normativa principi di salvaguardia ambientale e di efficienza economica; queste idee guida trovano una sintesi nel concetto di servizio idrico integrato termine che è entrato ormai nell uso comune. In base all art.1, tutte le acque, superficiali e sotterranee, anche se non estratte dal sottosuolo, sono pubbliche e costituiscono una risorsa da utilizzare secondo criteri di solidarietà; qualsiasi utilizzo delle acque deve essere effettuato salvaguardando le aspettative e i diritti delle generazioni future a fruire di un patrimonio ambientale integro, e gli usi delle acque devono comunque essere indirizzati al risparmio e al rinnovo delle risorse, per non pregiudicare il patrimonio idrico, la vivibilità dell ambiente, l agricoltura, la fauna e la flora acquatiche, i processi geomorfologici e gli equilibri idrologici. L art. 2 stabilisce che l uso dell acqua per consumo umano è prioritario rispetto agli altri usi; la priorità dell uso della risorsa deve, comunque, essere valutata in sede di programmazione, nell ambito dei piani di bacino, e verificate in sede di attuazione dei piani stessi; un uso più razionale della risorsa viene richiamato anche nell art. 3, che fissa il principio dell equilibrio del bilancio idrico, in base al quale l autorità di bacino assicura la disponibilità delle risorse reperibili o attivabili per i diversi usi nell area di riferimento. L art. 5 indica le modalità con cui conseguire il risparmio idrico: mediante la progressiva estensione delle misure di risanamento delle reti esistenti che evidenzino consistenti perdite, l installazione di reti duali nei nuovi insediamenti abitativi, commerciali e produttivi di rilevanti dimensioni, l installazione di contatori nelle singole unità abitative e di contatori differenziati per le attività produttive e del terziario esercitate nel contesto urbano, e la diffusione di metodi e apparecchiature per il risparmio idrico domestico e nei settori industriale, terziario e agricolo. La separazione di titolarità e gestione Una prima sostanziale innovazione introdotta dalla legge Galli è rappresentata dalla separazione tra titolarità e gestione del servizio idrico; si pone fine, in questo modo, alla coincidenza tra i titolari ed i gestori del servizio prevista dal sistema italiano, fonte di inevitabile confusione tra le funzioni di indirizzo, regolamentazione e controllo e la funzione di gestione. In base alla legge la titolarità del servizio rimane a Province e Comuni, che, devono affidarne la gestione operativa mediante gara, con la facoltà di scegliere tra proprie aziende speciali, società private concessionarie, o società miste pubblico-private. I rapporti tra gli enti titolari e i gestori del servizio devono essere regolati da una convenzione prevista a livello regionale, che deve, fra le altre cose, prevedere il Sistema approvvigionamento idrico potabile 5

15 regime giuridico della gestione, la durata dell affidamento (comunque non superiore ai trenta anni), le modalità di controllo del corretto esercizio del servizio, nonché il livello di servizio da assicurare all utenza. La separazione tra titolarità e gestione del servizio risolve certamente alcuni problemi fondamentali, garantendo in primo luogo una certa ottimizzazione economica, ma, contemporaneamente, ne introduce degli altri, in relazione soprattutto al possibile comportamento monopolistico del gestore a danno degli interessi della collettività. Compito fondamentale della Pubblica Amministrazione diviene, di conseguenza, salvaguardare i diritti dei consumatori, sia in merito alla qualità del servizio, sia in merito al suo prezzo. Il superamento della frammentazione gestionale Una delle principali innovazioni introdotte dalla legge è rappresentato dal tentativo di superare la frammentazione gestionale che caratterizza il settore dei servizi idrici in Italia e promuovere una crescita imprenditoriale del sistema acqua; a questo scopo si richiede l identificazione di ambiti territoriali ottimali (ATO), all interno dei quali pervenire ad una gestione unitaria ed integrata del ciclo idrico, inteso come l insieme dei servizi di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili, di fognatura e depurazione delle acque reflue. L ampliamento dei bacini d utenza dovrebbe comportare vantaggi sia dal lato dell efficienza sia da quello della qualità del servizio; consentirà inoltre di affrontare quegli investimenti preclusi ai piccoli gestori, sia per l entità della spesa, sia per l assenza del livello di domanda tale da rendere economicamente proponibile l investimento. L intento della legge è, in definitiva, quello di ridurre il numero dei gestori (6.200 a livello nazionale) a poco più di un centinaio. La determinazione delle tariffe La legge Galli individua una nuova disciplina tariffaria ispirandosi al principio della copertura dei costi. La riforma prevede che la tariffa sia calcolata sulla base della qualità della risorsa idrica e del servizio fornito, dei costi di gestione, delle opere e gli adeguamenti necessari, della remunerazione del capitale investito. In definitiva questo riordino comporterà senz altro un adeguamento tariffario che sarà giustificato, come detto, dall aumentata efficienza del servizio. Questi ritocchi tariffari comporteranno probabilmente un certo disagio da parte dall utenza in quanto la risorsa idrica, da sempre considerata un bene sociale, assume ora la natura di bene economico e soprattutto di bene naturale. I ruoli e le competenze delle Regioni e degli Enti Locali La legge promuove la realizzazione di ambiti di utenza di dimensioni significativamente più ampi di quelli attuali, regolando la concessione del servizio e ridefinendo le competenze dei soggetti incaricati di regolamentare, controllare e gestire attività nel settore idrico. Sistema approvvigionamento idrico potabile 6

16 Le Province ed i Comuni di ciascun ambito territoriale ottimale organizzano il servizio idrico integrato. A tal fine gli Enti locali ricadenti nel medesimo ambito territoriale ottimale costituiscono un consorzio denominato Autorità d ambito. L Autorità d ambito svolge funzioni di programmazione, organizzazione e controllo sulla attività di gestione del servizio idrico integrato. E' esclusa ogni attività attinente alla gestione del servizio. In estrema sintesi le funzioni di competenza dell'autorità d ambito attengono in particolare: a) alla scelta della forma di gestione del servizio; b) all'affidamento del servizio; c) all'organizzazione dell'attività di ricognizione delle opere di adduzione, di distribuzione, di fognature e di depurazione esistenti; d) all'approvazione del programma degli interventi e del piano economico finanziario per la gestione integrata del servizio; e) all organizzazione di una specifica attività di controllo di gestione e di qualità; f) alla determinazione della tariffa del servizio idrico integrato. Nuove norme per la gestione delle risorse idriche Il concetto di servizio idrico integrato, costituito dall insieme dei servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acque a usi civili di captazione, fognatura e di depurazione delle acquee reflue, così come definito nella Legge Galli, viene recepito tal quale dal Testo unico dell ambiente (D.Lgs 152/2006). Gli enti locali, attraverso l'autorità d'ambito di cui all'articolo 148, comma 1, svolgono le funzioni di organizzazione del servizio idrico integrato, di scelta della forma di gestione, di determinazione e modulazione delle tariffe all'utenza, di affidamento della gestione e relativo controllo, secondo le disposizioni della parte terza del presente decreto. E prevista la predisposizione e/o aggiornamento del piano d ambito costituito anche dalla ricognizione delle infrastrutture asseverate dagli Enti Locali ricadenti nell ambito così come meglio chiarito nell art.149 del decreto. L art. 151 in particolare regolamenta i rapporti tra l autorità d ambito e i soggetti gestori del servizio idrico integrato attraverso apposite convenzioni. Da evidenziare la sostituzione dell osservatorio dei servizi idrici (art. 22 della Legge 36/944) con l osservatorio sulle risorse idriche e sui rifiuti (art. 161 del D.Lgs 152/2006). Lo stato d attuazione della legge in Sardegna Con la legge n. 29 del 1997 (e successiva integrazione L.R. n. 15 del 1999) la Regione Sardegna ha creato il dispositivo di recepimento della legge Galli e conseguentemente ha introdotto la disciplina per l istituzione, l organizzazione e la gestione del servizio idrico integrato, costituito dall insieme dei servizi di captazione, adduzione, distribuzione e depurazione di acqua ad usi civili, di fognature e di depurazione delle acque reflue. Sistema approvvigionamento idrico potabile 7

17 La legge stabilisce le forme di cooperazione tra gli enti locali e definisce le regole di gestione del servizio idrico integrato attraverso la costituzione dell Autorità d Ambito che agisce sull ambito territoriale (ATO) assegnatogli dalla Regione. La legge Galli costituendo un netto punto di svolta nel quadro della gestione della risorsa idrica introduce la necessità di considerare le problematiche dei servizi idrici integrandoli con il concetto di salvaguardia ambientale e di sana gestione economica. Questa visione, poi ripresa ed estesa dal D. Lgs. 152 del 1999 e recentemente dal D. Lgs 152 del 2006, sul lato ambientale investe gli organi di controllo e di gestione di nuove responsabilità imponendo uno svecchiamento dei criteri e delle consuetudini fino ad oggi adottati. In data 25 settembre 2003 nasce formalmente l Autorità d Ambito con l insediamento del suo massimo organo rappresentativo, l Assemblea dei rappresentanti degli enti locali della Sardegna. L'Autorità d'ambito provvede ad organizzare il Servizio Idrico Integrato (SII) inteso come insieme cioè dei servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi esclusivamente civili, nonché di fognatura e di depurazione delle acque reflue. L'Autorità d'ambito ha il compito di affidare tale SII ad un ente gestore, provvedendo alla programmazione ed al controllo di tale gestione al fine di assicurare il rispetto dei livelli qualitativi del servizio L Autorità d Ambito (con delibera del 29 dicembre 2004) ha identificato ai sensi dell art. 113, comma 5 lett. c) del D.Lgvo 267/2000 quale soggetto gestore, affidatario del S.I.I. la SIDRIS società consortile a r.l.. La fusione del Consorzio SIDRIS Scarl con le società di gestione pubbliche UNIAQUE SARDEGNA SpA, ESAF SpA, GOVOSSAI SpA, SIM SpA e S.I.I.NO.S. SpA. ha consentito l affidamento ad Abbanoa spa della gestione del Servizio Idrico Integrato della Sardegna (22 dicembre 2005). Linee guida Il servizio idrico provinciale è sostanzialmente un sistema misto: le opere di captazione e di adduzione sono dedicate cioè agli usi agricolo, industriale e potabile, il che in situazione di crisi può mettere in competizione gli utilizzatori. Il sistema è inoltre caratterizzato da un estrema complessità strutturale e da una conclamato deficit che si ripercuote soprattutto sull uso agricolo. La frammentazione delle competenze in materia idrica contribuisce ad amplificare i già significativi problemi esistenti. La legislazione nazionale, soprattutto negli ultimi anni, ha individuato nel riordino delle competenze la via maestra per raggiungere l ottimizzazione del servizio. Inoltre viene sempre più privilegiato un approccio integrato al problema, considerando la risorsa idrica in tutti i suoi possibili processi che vanno dalla captazione alla depurazione. In questo quadro si sono voluti individuare alcuni indirizzi che permettono di porre enfasi sull aspetto organizzativo della materia senza però tralasciare dimenticare, come si riscontrerà soprattutto nella parte di normativa che concerne la qualità delle acque, l ambito della tutela ambientale. Punto 1 - La Provincia di Cagliari e gli Enti Locali ricadenti nella ATO anche nell ottica di adeguare il sistema di depurazione agli standard definiti dal Dlgs 152/1999, e successivamente ripresi dal D.Lgs 152/2006, promuoveranno la realizzazione di Sistema approvvigionamento idrico potabile 8

18 depuratori consortili al fine di contenere i costi gestionali e migliorare le efficienze depurative. Punto 2 - La Provincia di Cagliari e gli Enti Locali ricadenti nella ATO promuoverà il riutilizzo dei reflui, opportunamente trattati, per fini meno pregiati quali l irriguo ed industriale. Saranno altresì istituite campagne di monitoraggio allo scopo di valutare l impatto dei reflui sul suolo e sui corpi idrici. Punto 3 - Nelle aree soggette a nuove urbanizzazioni che siano già servite (o che lo saranno in futuro) da sistemi di trattamento secondario o terziario dovranno essere previsti doppi sistemi di distribuzione per le acque potabili e quelle trattate. Punto 4 - La Provincia di Cagliari e gli Enti Locali ricadenti nell ATO svolgeranno azione di vigilanza affinché il grado di sfruttamento delle falde non superi in nessun caso la capacità di ricarica delle falde stesse. A tal fine saranno istituite campagne di monitoraggio che permettano di inferire lo stato delle principali falde e di quelle più soggette a sfruttamento o comunque soggette a disequilibrio. Punto 5 - I principi sopra esposti portano come conseguenza necessaria una moratoria delle autorizzazioni ai prelievi da parte di nuove utenze (ovvero intensificazione dello sfruttamento da parte di utenze preesistenti) qualora l equilibrio di falda risulti alterato. Sistema approvvigionamento idrico potabile 9

19 Sistemi di organizzazione dello spazio Sistema delle grandi strutture di vendita SISTEMA DELLE GRANDI STRUTTURE DI VENDITA Introduzione Il Piano Paesaggistico Regionale rappresenta il principale strumento per lo sviluppo sostenibile del territorio ed il quadro di riferimento e di coordinamento degli strumenti di pianificazione locale e d area vasta, al fine di assicurare un adeguata tutela e valorizzazione del paesaggio. Quadro normativo Il quadro normativo nazionale Il quadro normativo di riferimento per le attività e l urbanistica commerciale è stato riformato con il cosidetto decreto Bersani. Il Decreto Legislativo n. 114 del 31 marzo 1998, Riforma della disciplina relativa al settore dei commercio, a norma dell art.4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n.59 tratta diversi aspetti della disciplina delle attività commerciali al dettaglio: - Abolizione delle tabelle merceologiche; - Esercizi commerciali di vicinato (EV); - Medie strutture di vendita (MSV); - Grandi strutture di vendita (GSV); - Centri commerciali (CC); - Requisiti di accesso all esercizio del commercio al dettaglio; - Orari di vendita; - Commercio elettronico; - Commercio ambulante. Restano esclusi da queste regole le rivendite di generi di monopolio, alcune forme di vendita diretta, le sale cinematografiche e gli esercizi operanti nei complessi turistici e sulle autostrade. Il quadro normativo regionale In attuazione del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 6 ottobre 2000 ( Intervento sostitutivo nei confronti della Regione Sardegna, per il mancato esercizio delle funzioni amministrative conferite dal Decreto Legislativo 31 marzo 1998 n 114, art. 31, comma 1 ), la Regione Autonoma della Sardegna, con la Deliberazione G.R. 29 dicembre 2000, n 55/108 (pubblicata sul supplemento straordinario n 2 al BURAS n 6 del 19 febbraio 2001), ha stabilito gli indirizzi ed i criteri per la programmazione commerciale ed urbanistica regionale. La normativa attualmente vigente, per quanto riguarda le problematiche della grande distribuzione, deriva dalla deliberazione della Giunta regionale n. 55/108 del 2000, la prima normativa organica di applicazione della riforma Bersani, integrata su alcuni punti specifici da successivi provvedimenti. Sistema delle grandi strutture di vendita 1

20 Risulta inoltre rilevante quanto previsto dalla legge regionale n. 5 del febbraio 2005, che ha modificato le procedure per il rilascio delle autorizzazioni per grandi strutture di vendita GSV. Tale norma ha modificato la definizione di centro commerciale, estendendola anche a strutture fra loro non funzionalmente collegate, ma promosse o progettate o gestite con politica commerciale unitaria. La definizione di obiettivi e criteri per il rilascio delle autorizzazioni di grandi strutture di vendita deve tener conto di quelle strutture già presenti sul territorio che benché in origine autorizzate singolarmente come medie strutture di vendita devono, in base alle nuove norme, devono oggi essere classificate come grandi strutture di vendita. La Legge regionale 18 maggio 2006, n. 5 Disciplina generale delle attività commerciali costituisce la piena attuazione in Sardegna della riforma del settore introdotta dal cosidetto Decreto Bersani (D.Lgs. n. 114/1998). Tale legge conferisce specifiche competenze ai comuni e definisce il Piano regionale per le grandi strutture di vendita quale principale riferimento programmatico per le strutture commerciali di grandi dimensioni. La stessa legge introduce una nuova classificazione degli esercizi commerciali in rapporto alla consistenza demografica dei comuni, stabilendo nuove soglie dimensionali per gli esercizi di vicinato, le medie strutture di vendita e le grandi strutture di vendita. Sempre la LR 5/ Art. 9 - stabilisce le competenze di programmazione commerciale a livello comunale: I comuni stabiliscono, nell ambito della programmazione di cui all articolo 8, la localizzazione della funzione commerciale nel proprio territorio e adottano un regolamento sulla procedura per il rilascio delle autorizzazioni necessarie. Qualora ai fini dell apertura di una media o grande struttura di vendita sia necessario il rilascio di apposito permesso o autorizzazione edilizia, l istante deve farne richiesta contestualmente alla domanda per l apertura dell esercizio. Il comune predispone contemporaneamente le fasi istruttorie dei due procedimenti, edilizio e commerciale, e il rilascio di concessione e autorizzazione è disposto con un unico provvedimento firmato dai responsabili del procedimento del settore edilizio e di quello commerciale. L Art. 10 della stessa legge istituisce riprendendo la legge regionale 25 febbraio 2005, n. 5 il Piano regionale per le grandi strutture di vendita L Assessorato regionale competente in materia di commercio provvede all elaborazione del Piano regionale per le grandi strutture di vendita, ai sensi dell articolo 1 della legge regionale 25 febbraio 2005, n. 5 Disposizioni urgenti in materia di commercio. Il Piano Paesaggistico Regionale rappresenta il principale strumento per lo sviluppo sostenibile del territorio ed il quadro di riferimento e di coordinamento degli strumenti di pianificazione locale e d area vasta, al fine di assicurare un adeguata tutela e valorizzazione del paesaggio. Competenze della Provincia di Cagliari Il Piano Urbanistico Provinciale è redatto con riferimento alle disposizioni della L.R , n.45 Norme per l uso e la tutela del territorio, e sue modifiche e integrazioni, coerentemente con gli indirizzi contenuti nell art. 106 delle Norme Tecniche di Attuazione del Piano Paesaggistico Regionale. Ai sensi dell art. 20 comma 2 del D.L.vo n. 267 del e dell art. 16 della legge regionale n. 45 del , la Provincia di Cagliari, ferme restando le Sistema delle grandi strutture di vendita 2

21 competenze dei comuni, e in attuazione della legislazione e dei programmi regionali: a) determina gli indirizzi generali di assetto del territorio con particolare riferimento alle destinazioni urbanistiche delle aree territoriali, avuto riguardo alla precipua vocazione delle medesime e alla localizzazione delle maggiori infrastrutture e delle linee di comunicazione; b) individua e regolamenta l uso delle zone destinate ad attività commerciali di interesse sovracomunale; c) individua e regolamenta le attività e i servizi che necessitano di coordinamento sovracomunale. La Provincia di Cagliari in rifermento alla normativa precedente la LR 5/2006 si è dotata di un proprio Piano Provinciale di Urbanistica Commerciale (PPUC) come piano stralcio del PUP ai sensi della DGR 55/ Il PPUC definisce specifiche procedure per l individuazione degli ambiti di pianificazione coordinata delle grandi strutture di vendita. Linee guida Il Sistema delle Grandi Strutture di Vendita (GSV) assume le opzioni culturali del Piano Urbanistico Provinciale come requisiti prioritari del progetto. In particolare assume i seguenti requisiti per il progetto del sistema commerciale della nuova Provincia di Cagliari: 1) Equità territoriale; 2) Contestualizzazione; 3) Integrazione 4) Cooperazione; 5) Innovazione. Poiché il PUP individua tra le opzioni culturali del piano quella della ricerca dell equità territoriale, appare utile approfondire questo tema per verificare la possibilità di stabilire un livello di coerenza tra la pianificazione del sistema commerciale e il PUP, rispetto a questa opzione. Il requisito dell equità territoriale è da intendersi in questa sede come opportunità di accesso ai servizi commerciali estesa sul territorio provinciale per tutti i consumatori. In quest ottica il tema del commercio e della grande distribuzione rappresenta una tipologia di servizio alla persona scindibile in due sub-tipologie: - servizi alla persona diffusi capillarmente sul territorio esercizi di vicinato e medie strutture di vendita (EV, MSV); - servizi rari e superiori grandi strutture di vendita (GSV). Nella pianificazione dell urbanistica commerciale, l equità territoriale viene perseguita mediante le tecniche della perequazione urbanistica e della compensazione perseguendo l obiettivo di compensare a livello intercomunale le esternalità negative e positive della eventuale localizzazione di nuove GSV e distretti commerciali. Il requisito della contestualizzazione è perseguito attraverso la reinterpretazione della normativa di coordinamento degli usi del PUP che articola le ecologie ambientali, insediative e agrario forestali del territorio della Provincia di Cagliari. Il piano tende infatti a identificare le matrici strutturanti dei processi territoriali al fine di individuare gli ambiti significativi su cui articolare le tematizzazioni dell urbanistica commerciale in rapporto ai processi portanti dell evoluzione del territorio. Sistema delle grandi strutture di vendita 3

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